Sul ruolo di innovazione e scienza (e degli scienziati)

Pubblico qui parte di un carteggio (le mie risposte) che ho avuto con alcuni colleghi l’estate scorsa, sotto elezioni europee.

L’innovazione non è un bene in sé: dipende da cosa si innova e come (e anche un po’ da chi lo fa e perché). Di questi tempi quelli che innovano di più in Italia sono a destra: innovando innovando, sono spariti una parte dei diritti umani.
Questo discorso è banale, ma va ricordato: nell’autunno 2008, durante il periodo di agitazione, ci si è innamorati del concetto dell’efficienza in sé, ma questa, così come l’innovazione, da sola non dice nulla. Si innova un processo e lo si rende efficiente, relativamente ad uno scopo di livello più alto, altrimenti non conviene né innovarlo, né renderlo efficiente.
Esempio concreto: il sistema di respingimenti dei migranti in mare è innovativo (innegabile) ed efficiente (non nel risolvere il presunto problema dei clandestini, ma ovviamente nel ridurre il presunto problema degli sbarchi).

La scienza, su questa stessa linea di pensiero, la vedo come uno strumento fondamentalmente neutrale: dipende da come la si usa e dagli obiettivi che ci si è dati in un momento precedente alla produzione scientifica ordinaria. La politica è invece basata su una ideologia (nel senso di un complesso costrutto etico-normativo, un sistema di valori, che sia anche chiave interpretativa del passato e obiettivo e metodo orientato verso il futuro) e quindi per sua natura non-neutrale. A chi dice che si potrebbe o addirittura si dovrebbe fare a meno dell’ideologia, chiedo ancora un esempio di politica di questo genere, passato o ipotetico futuro che sia.
La scienza da sola non può fare del bene o del male (tanto meno l’utile comune, che poi ci sarebbe da capire quale esso sia, se non viene fissato il sistema di valori ideologico: la riduzione del conflitto? il benessere fisico? il benessere intellettuale? Comune dell’umanità o di una nazione? Comune in senso ambientale, a breve termine, a lungo termine, magari con male comune a breve? ecc.), ma può essere un bene strumentale ed essere utilizzata in modo più o meno efficace -efficiente- per raggiungere o per aspirare ad un bene finale, stabilito dall’ideologia di riferimento, senza la quale il bene ed il male semplicemente non esistono. La scienza buona per una ideologia può banalmente essere malvagia se vista attraverso un sistema di valori diverso.

Gli scienziati. Se si unisce questa idea con il fatto che lo scienziato agisce in un tempo ed un luogo ben determinati, ne segue che anche se la scienza è neutrale, il lavoro dello scienziato non lo è affatto, perché storicamente collocato. Al pari di un grande artista (semplifico) che raffiguri il suo tempo o che lo descriva con una forma d’arte, il grande scienziato influenza la cultura fornendo gli strumenti che saranno poi a disposizione delle politiche dominanti o contribuendo al contrario alla messa in discussione del sistema di principi/valori (aka ideologia) su cui queste politiche si fondano.
Quindi molte responsabilità (la collaborazione deve sempre essere consapevole) e poco potere (i sistemi egemonici hanno ottimi strumenti di autodifesa).

Una situazione ideale.

V.

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