CNR – Bozza di discussione sul contrasto al lavoro precario

Quella che segue è la bozza di un testo su cui si sta cercando di convergere in vista di un incontro con il presidente del CNR, Maiani. Nei prossimi giorni il testo verrà fatto circolare e quindi probabilmente modificato in alcuni dettagli, in modo da raccogliere il più alto numero possibile di adesioni tra i collettivi di precari formatisi negli Istituti del CNR.

L’incontro con il presidente non è stato ancora fissato, ma avendolo proposto lo stesso Maiani ad alcuni di noi il giorno 30 maggio, si spera che non voglia rimangiarsi la parola. Ecco il testo:

1- Il blocco del turnover. Il preannunciato blocco del turnover al 20% rappresenta la via maestra per l’invecchiamento dell’ente e per l’accelerazione del processo già avviato da molti anni che consiste nell’affidare buona parte della ricerca a personale assunto con contratti di tipo precario, in numero sempre maggiore e con condizioni sempre peggiori.

Non è necessario un grande sforzo di immaginazione per prevedere cosa accadrà nell’immediato futuro: la riduzione dell’organico infatti non può che aumentare le difficoltà nella produzione tecnologica, scientifica, culturale e di servizi, nonché ovviamente nell’ottenere commesse e progetti finanziati da enti terzi, nazionali o internazionali. Il CNR dovrà quindi rassegnarsi alla marginalità sullo scenario mondiale della ricerca o poggiarsi su un numero crescente di precari, assunti con fondi esterni, per compensare la carenza di personale.

Questo secondo scenario non è nuovo, ma non è detto che il meccanismo possa essere replicato all’infinito. E’ plausibile invece il contrario: già oggi i ricercatori che entrano nel CNR come assegnisti si rendono rapidamente conto di come le prospettive di lavoro nell’ambito della ricerca in Italia siano vicine allo zero.

Ma questo non è tutto: la spesso evocata meritocrazia viene in questo modo azzerata da una selezione basata letteralmente sul censo dei ricercatori che, in assenza di una retribuzione di livello europeo, bilanciano le proprie motivazioni a proseguire in questo lavoro, con la facoltà di stazionare in una condizione di incertezza senza fine e con la capacità di tollerare la percezione di rischio che necessariamente genera vivere con un orizzonte professionale e personale così limitato.

Di fatto questa politica incentiva la fuga verso l’estero o l’abbandono da parte di ricercatori che si sono formati in Italia e che porteranno altrove o disperderanno le proprie competenze, proprio nel momento in cui sono più “produttivi”.

Riteniamo che opporsi con ogni mezzo necessario a questa politica sia non solo un dovere civico ma che sia coerente con l’idea che il CNR debba continuare a perseguire la missione che si è dato.

Chiediamo che la presidenza del CNR si esprima contro questa politica in modo netto, utilizzando tutti i canali a sua disposizione. Non è questa una richiesta di tutela corporativa: al contrario è una spinta solidaristica che porta a denunciare una politica miope, causa di immiserimento economico e culturale del nostro Paese, economicamente svantaggiosa sia nel breve che nel lungo periodo.

2- Il fabbisogno di personale. In una situazione così disastrosa ci sembra prioritario che questo Ente debba gestire le risorse di cui dispone cercando di indirizzarle in maniera strategica per garantirsi un futuro.

Il piano di fabbisogno triennale, presentato qualche mese fa e oramai azzerato dalla manovra finanziaria, è quindi incomprensibilmente autolesionista: mascherando come reclutamento di primi ricercatori e dirigenti gli avanzamenti di carriera, questo piano nella realtà otterrà l’obiettivo di frustrare ulteriormente le attese dei giovani ricercatori, incentivando la dispersione. Dobbiamo qui confermare la nostra analisi: questa direzione è in antitesi con la necessità di futuro di un Ente che invecchia e che si indebolisce, disperdendo il patrimonio di esperienza e professionalità sul quale si è investito per lungo tempo.

Come assunto generale, crediamo che l’elaborazione dei piani di fabbisogno dovrebbe poggiare su una riflessione trasparente e pubblica sulle priorità da perseguire per il rilancio dell’Ente. Da questo punto di vista, il numero di posti assegnati ai diversi livelli, se non accompagnato da un’analisi della pianta organica attuale e in assenza di una pianificazione conseguente che tenga conto delle criticità da affrontare, non può che apparire arbitraria e oscura. Per questo chiediamo che:

  • venga rimodulato il fabbisogno di personale verso posizioni di III livello vista la quantità di personale atipico presente negli istituti del CNR. Questa richiesta, in accordo con le rivendicazioni già fatte in passato, include sia le risorse derivate dal turn-over 2010-2012 sia le altre risorse in gestione al CNR quali, ad esempio, il conto fondo terzi.
  • le posizioni di I e II livello siano gestite secondo canali paralleli e non coincidenti rispetto alle assunzioni per terzi livelli, sia in termini di stanziamento fondi che di procedure concorsuali
  • la Presidenza debba chiedere con forza la riattivazione delle procedure di avanzamento di carriera su base contrattuale.
    Per il futuro, vorremmo che il CNR riuscisse almeno ad esplicitare e rendere pubblici tanto il processo quanto le dinamiche che portano alle scelte di merito nelle politiche di reclutamento: la determinazione del fabbisogno inoltre dovrebbe essere il risultato di un processo partecipato in cui possano esprimere il proprio punto di vista tutti gli stakeholders attivi all’interno dell’Ente stesso.

3- Un censimento di tutti i lavoratori non strutturati. Ad oggi, non esiste un monitoraggio dei lavoratori interni al CNR assunti con contratti a termine diversi dal Tempo Determinato (TD), nonostante la diffusione massiccia di contratti di lavoro tra i più diversi: dagli ovvi assegni di ricerca, alle borse, ai cococo ecc.

I dati sulla diffusione e l’incidenza del precariato dentro il CNR sono un vero e proprio mistero. Secondo l’Amministrazione centrale “il dato non è estraibile”: non è possibile sapere quanti siamo, chi siamo, da quanto tempo siamo qui; semplici statistiche descrittive, di un fenomeno di rilevanza cruciale per l’Ente, sembrano tramutarsi in analisi di una complessità inaudita da mettere in difficoltà persino il Consiglio Nazionale delle Ricerche!

E’ chiaro che finora è mancata la volontà di affrontare questo problema e quindi di fare luce sull’incidenza e le caratteristiche di un fenomeno che, se reso evidente, si manifesterebbe nella sua importanza. Questo fenomeno è invece per noi lo specchio della salute del CNR, un ente:

  • Debole, perché le sue risorse “interne” sono oramai irrisorie a fronte dei fondi esterni procacciati in larga misura attraverso il lavoro dei precari. Risorse massimizzate grazie alla logica al ribasso con cui sono attribuite le posizioni contrattuali: responsabilità che ricade sui capi-progetto, sui direttori degli Istituti e i dirigenti di questo Ente che, adottando la politica del laissez faire, avvallano l’ottica del “massimo risultato con la minima spesa”, dimostrando in questo modo la scarsa lungimiranza di chi non si pone né il problema delle prospettive a lungo termine dell’Istituto in cui lavora o che dirige, né un dubbio etico.
  • Vecchio, perché anche tra i non strutturati non si è poi così tanto giovani e come si è già ribadito le politiche in discussione porteranno all’innalzamento dell’età media. Quindi un Ente vecchio ora, e vecchissimo domani.
  • Povero di prospettiva e lungimiranza, ma anche di onestà etica ed intellettuale, dato che i destini dei giovani ricercatori sono nelle mani di strutturati che non vengono valutati.
  • Opaco, perché le sue dinamiche interne si prestano a nascondere più che a rendere espliciti i processi, i percorsi e le figure che vi partecipano o che ne sono responsabili.

Come primo passo, sosteniamo la necessità di un censimento, a cadenza annuale e gestito dall’Ente, che faccia luce sul numero e la tipologia di tutti i contratti diversi da quelli a tempo indeterminato (e.g. contrattisti a progetto, assegnisti di ricerca e affini), delineando le modalità dei percorsi lavorativi di chi è assunto con contratti a termine all’interno del CNR.

Di fianco a questo strumento fondamentale per fare chiarezza sul lavoro attualmente invisibile all’interno del CNR è necessario che siano rese trasparenti e accessibili le statistiche riguardanti il contributo che questi lavoratori apportano ai progetti, secondo i parametri già utilizzati per la valutazione degli Istituti. E’ arrivato il momento di fare chiarezza sull’apporto scientifico imputabile al personale assunto con contratti a termine.

4- Percorso unico di accesso. Nel CNR oggi non esiste un unico percorso di accesso che inquadri i ricercatori con contratto a termine nel momento in cui fanno il loro ingresso nell’Ente. Questa mancanza si è purtroppo concretizzata in una frammentazione ingiustificata delle tipologie di contratto, guidata da quella politica del massimo risultato con la minima spesa a cui si è già fatto ampiamente riferimento. Le competenze o titoli acquisiti e la tipologia di lavoro svolto, non sembrano essere discriminanti nello stabilire il tipo di contratto offerto.

Noi pensiamo che sia il caso di contrastare duramente questo fenomeno, fissando, come avviene in moltissimi Paesi un percorso di accesso chiaro che delinei i passaggi essenziali nelle loro forme contrattuali. Non si chiede qui di inseguire una ipotetica condizione di avanzamento automatico di carriera, ma di riconoscere a parità di lavoro e di competenze, parità di forme contrattuali.

  • Il CNR deve privilegiare le forme di contratto TD, rendendole obbligatorie come forma di contratto Post-DOC
  • i contratti a termine diversi dal TD devono essere limitati da subito per i ricercatori a tempo pieno all’assegno di ricerca e va presa in considerazione la possibilità di adottare i contratti da “giovane ricercatore” del MIUR come forma di accesso.
  • In entrambi i casi il tempo massimo di reiterazione della stessa forma di contratto precario dovrebbe nel futuro essere limitata a tre anni.

In primo luogo, si pongono così le basi per una semplificazione dei rapporti di lavoro, favorendo una maggiore chiarezza tra le parti ed un miglioramento nella qualità del lavoro di ricerca svolto. In secondo luogo, si offre uno strumento per supportare la pianificazione economica e finanziaria da parte del coordinatore di un gruppo di ricerca che rispetti dei parametri chiari che impediscano la tentazione dell’attuale corsa al ribasso.

5 – Le risorse destinate alla chiamata diretta. Un aspetto legato alle procedure di assunzione a tempo indeterminato del personale di ricerca del CNR riguarda l’Art. 13 del D. Lgs. 213/2009 concernente il riordino enti di ricerca vigilati dal MIUR. Secondo tale decreto gli enti di ricerca vigilati dal MIUR, tra cui il CNR, hanno la possibilità di assumere a tempo indeterminato per chiamata diretta e quindi senza espletare procedure concorsuali adeguate, fino al 3% dell’organico dei ricercatori e tecnologi nei limiti delle disponibilità di bilancio e previo il nulla osta del Ministero stesso.

E’ d’obbligo focalizzare l’attenzione su due aspetti cruciali del decreto che vanno a modificare, peggiorandola, una disposizione precedente:

  • il metodo di assunzione non è più accompagnato dal parere del Consiglio scientifico ma dal comitato di esperti per la politica della ricerca (Cepr) ed è inoltre subordinata al previo assenso da parte del Ministro in carica;
  • per l’assunzione non è più previsto un inquadramento solo «al massimo livello contrattuale del personale di ricerca», ma «fino al massimo livello contrattuale del personale di ricerca». Non si comprende il senso di apportare queste modifiche, se non con il tentativo di legittimare operazioni clientelari attraverso una procedura di valutazione alquanto arbitraria, poco trasparente e lontana dall’obiettivo dichiarato di svolgere corretti iter concorsuali.

Per quanto riguarda i fondi gestiti direttamente dalla sede centrale, come il fondo conto terzi, è importante che sia reso pubblico un rapporto sull’ammontare della disponibilità economica di questi fondi e sulle previsioni delle modalità di utilizzo: viste tutte le premesse, è per noi naturale pensare che questi fondi possano essere disponibili per l’assunzione di personale.

6 – Trasparenza ed equità nei concorsi. Un punto fondamentale delle politiche di reclutamento del CNR (e non solo) riguarda la trasparenza e l’equità dei concorsi. Troppo spesso abbiamo osservato scarsa apertura nella procedura di selezione, con profili disegnati più su di una persona che sulla figura professionale richiesta.

Riteniamo che la procedura di selezione debba permettere di scegliere la persona migliore per svolgere il lavoro richiesto e a questo scopo il concorso deve offrire un metodo di valutazione ex ante ampia ed oggettiva, a cui va affiancata una valutazione ex post periodica che permetta di confermare la qualità della selezione effettuata. La questione è quindi ampia e complessa, tanto da richiedere una riflessione attenta, che oggi è urgente oltre che necessaria.

Se quindi riformare le procedure di concorso necessita di una discussione che coinvolga tutta la rete scientifica, possiamo già da subito indicare pochi accorgimenti che renderebbero le attuali procedure senz’altro più accettabili.

  • I concorsi devono essere basati su un regolamento univoco, che garantisca assoluta chiarezza sia nelle modalità di partecipazione che nella procedura di valutazione.
  • Per quanto riguarda l’accesso al concorso, devono essere eliminati tutti i vincoli che limitano la possibilità di partecipazione.
    • deve essere eliminato il vincolo di possedere una laurea specifica: deve essere possible poter partecipare alla selezione semplicemente grazie al possesso del titolo di laurea, a prescindere dalla specializzazione.
    • deve essere eliminato il vincolo di partecipazione a un numero limitato di selezioni all’interno di uno stesso bando.
  • La procedura di valutazione deve basarsi su punteggi definiti in maniera univoca per tutti i concorsi, eliminando l’arbitrarietà della commissione nella loro definizione.
  • I titoli devono essere valutati secondo parametri chiari e inclusivi. Non ci devono essere limiti nel numero di pubblicazioni presentate, visto che è possibile stabilire in maniera oggettiva la qualità di ognuna. In questo modo, la valutazione dei titoli può avere il peso che merita, maggiore rispetto a quello delle prove scritte e orali.

Riteniamo che queste semplici modifiche possano migliorare da subito la qualità dei concorsi all’interno del metodo attuale. Inoltre, riteniamo che si debba avviare una riflessione profonda e partecipata per migliorare le procedure di selezione.

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